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“Ti senti cittadino europeo?”

22 Agosto 2016 AUCI 0 Comments

Splende il sole su Alsasua (Altsasu in basco), una ridente cittadina di settemila abitanti nella comunità autonoma di Navarra, al Nord della Spagna.

La nostra attenzione si concentrerà in particolare su una zona del paese, nelle vicinanze dell’”Albergue Juvenil Santo Cristo de Otadia”, circondato dal verde e da spazi all’aperto.

In questo edificio sta accadendo qualcosa di particolare: nella sala più grande un gruppo di giovani siede in cerchio, chi su una sedia, chi per terra. È stata una delle prime raccomandazioni delle loro formatrici, Ruth e María: quella di agire in modo da essere sempre a proprio agio, sempre, però, rispettando anche le esigenze altrui.Insegne in basco per le strade di Alsasua.

Insegne in basco per le strade di Alsasua.

Raccomandazione apparentemente scontata, ma fondamentale più che mai in questo contesto. I 27 giovani che siedono in cerchio hanno tra i 17 e i 30 anni; non sono del posto, provengono da 16 nazioni differenti: Italia, Germania, Francia, Portogallo, Regno Unito, Georgia, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Serbia, Danimarca, Olanda, Grecia, Turchia, Ucraina e Indonesia. Cosa accomuna questi giovani dalle differenti origini è presto detto: tutti quanti hanno lasciato il proprio Paese per dedicare le proprie energie e il proprio tempo al Servizio Volontario Europeo, e in particolare in progetti sparsi in tutta la Spagna,dall’Andalusia, a Madrid, alle Isole Canarie; progetti che hanno portato i ragazzi a coinvolgersi in prima persona in attività rivolte ai disoccupati, alla tutela dell’ambiente, ai bambini, agli anziani.

Sono 16 diverse culture, 16 diverse lingue, 16 diversi modi di fare raccolti intorno alla stessa lavagna, sulla quale Ruth e María hanno disegnato una matrioska russa,con all’interno altre due bambole identiche alla prima.

La figura ha un valore simbolico: rappresenta le domande che noi ci poniamo quando ci viene presentata una situazione da analizzare. La bambola esterna e più grande è il “QUÉ”, la prima domanda, che ci permette di capire con COSA abbiamo a che fare; la seconda il “CÓMO”; la terza il “PORQUÉ”. Ecco cosa fanno questi ragazzi in cerchio, in una soleggiata mattina di fine luglio: si pongono domande e si consultano tra di loro, per darsi delle risposte. Si parla di SVE, ma COS’È lo SVE? Chi coinvolge? Quali sono i diritti e i doveri di un volontario? COME posso agire io per dare il meglio di me? Qual è il contributo personale che io posso lasciare in questo progetto? Che ruolo possono avere nel mio volontariato le mie abilità manuali e cognitive? E infine… PERCHÉ sono in Spagna? Chi me l’ha fatta fare ad abbandonare la mia comfort zone per avventurarmi verso qualcosa di sconosciuto? Qualcuno ha tentato di farmi cambiare idea?Lavori di gruppo: alle prese con diritti e doveri del Volontario

Lavori di gruppo: alle prese con diritti e doveri del Volontario

Nel corso dei quattro giorni di formazione i giovani si sono quindi cimentati in questa sorta di “indagine”, che ha permesso loro non solo di scavare nelle proprie motivazioni e conoscersi più a fondo, ma anche di approfondire la propria conoscenza del posto e della gente che vi vive, attraverso inchieste e giochi in cui, a gruppetti, i ragazzi abbandonavano le quattro mura dell’albergo per instaurare un contatto diretto con i cittadini della zona. Questi ultimi sono stati coinvolti sia in attività serie come un sondaggio  (“Ti senti cittadino europeo?”) che in giochi che testavano le capacità dei ragazzi stessi di comunicare in lingua spagnola, di creare una lista della spesa per un mese con un budget prestabilito da seguire o, addirittura, la capacità di proporre degli scambi alla gente del posto, uscendo dall’albergo con una penna blu con l’obiettivo di ritornare con nientedimeno che… Una Mercedes. Sfide che hanno legato ancora di più il gruppo, insieme ad altre esperienze come la gita a Pamplona, in cui è stato inoltre possibile conoscere un’altra realtà di volontariato, quella della mensa Paris 365, le lezioni di lingua spagnola, e infine, la penultima sera, la Noche intercultural, serata in cui i confini tra le varie nazioni si sono dissolti, per dare vita a due ore di balli tipici (primo tra tutti il Can Can francese!), bevande e cibi, musica, sketch e tradizioni.

Come spiegavano le volontarie portoghesi, nella loro lingua c’è un’espressione ben precisa ad indicare quel misto di nostalgia, tristezza per qualcosa che è finito e entusiasmo per ciò che di bello abbiamo vissuto: questa parola è “SAUDADE”, intraducibile in qualsiasi altra lingua. Ma se questi quattro giorni ci hanno lasciato quella lacrimuccia nostalgica per quella costante atmosfera di allegria, ora ci si sente anche meno soli: lontani da casa, in un Paese dalla lingua diversa dalla nostra lingua madre, ma consapevoli della rete che ora si è creata all’interno di questo Paese che ci accoglie. Una rete che mi unisce a Sarah, Susann, Linda, Pierpaolo, Giacomo, Félix, Inês, Andreia, Helena, Evelina, Gvantsa, Ketevani, Lucia, Beata, Adam, Adam L., Csilla, Bela, Milena, Danni, Kelly, Chrysanti, Melissa, Ilona, Mert e Karim. E questo è solo l’inizio!

Agnese Resta Corrado, Casco Bianco AUCIFoto di gruppo a Pamplona

Foto di gruppo a PamplonaSharing is caring!