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Con Pelembe abbiamo parlato della moringa.

2 Febbraio 2016 AUCI 0 Comments

Centro pediatrico, consulta: ieri è venuta a farsi visitare Dominga una bambina di tre anni che da 4 mesi continua a mantenere lo stesso peso, la sua curva di crescita è piatta. Non cresce. Il suo indice brachiale è continuamente di 12 cm, in zona gialla, indica malnutrizione acuta moderata. Sandra, la responsabile del reparto, non sa più cosa fare. La madre dice che mangia e anche gli integratori che il centro fornisce le piacciono. Ma non cresce. Proviamo ancora a proseguire il trattamento con questi RUTFs, alimento terapeutico a base di pasta d’arachidi e fissiamo l’appuntamento tra 15 giorni.

Nel pomeriggio con Pelembe, l’ingegnere locale, abbiamo parlato della Moringa Oleifera. La moringa è un albero che cresce con facilità qui nell’emisfero sud, nel clima tropicale o sub tropicale. Produce delle foglioline verde chiaro che, dal punto di vista nutrizionale, possono essere paragonati alle leguminose, perché ricche di proteine e carboidrati. Si raccolgono, dopodiché si fanno seccare e si macinano fino a formare una polvere, a ciò servirebbero l’essiccatore e il mulino. Questa si aggiunge a crudo su una qualsiasi pietanza, per fortificarla. Oltre che una fonte di proteine infatti, le foglie della moringa sono un veicolo di vitamine A e C, nonché di potassio e calcio. Dall’albero, poi, si possono cogliere anche i baccelli, i cui semi, hanno effetto flocculante: rendono potabile l’acqua. Ma il procedimento è complesso, bisogna studiarlo bene. Ci sono abbastanza alberi di moringa affinché si possa rendere potabile l’acqua per tutto il villaggio? Bisogna fare un sopralluogo. Se ce ne fosse abbastanza si potrebbe pensare di avviare un altro studio per verificarne le potenzialità, la letteratura scientifica sta esplodendo con articoli su questo albero. Bisogna salire sul carro.

Poi si potrebbe coltivare anche l’amaranto, qui chiamato Tseke. Pianta fantastica. Gli aztechi lo conoscevano e Plinio il vecchio lo descrisse. In sei mesi di coltivazione comincia a produrre dei chicchi dallo stesso valore nutritivo del grano o del riso. Anzi, sono molto più proteici e anche molto più ricchi in ferro. È uno pseudocereale, cresce spontaneamente ed è molto resistente a insetti e cambi di temperatura. Anche le foglie si possono mangiare, di contorno, bollite, stufate o meglio al vapore, metodo di cottura che sarebbe utile implementare qua, anche loro sono proteiche e ricche in ferro, più degli spinaci per intenderci. La farina che si ricava dalla macinazione dei chicchi è priva di glutine, per cui non lievita, ma è perfetta per le pappe di svezzamento dei bambini dai 5-6 mesi di vita. Condito con della polvere di Moringa e fagioli si crea un piatto dal food-cost molto basso, sostenibile e molto nutritivo, ottimo per contribuire alla prevenzione della malnutrizione sia a livello familiare, sia scolastico. In questo modo si potrebbe cominciare ad aiutare Dominga.

Nel frattempo continua il corso iniziato a febbraio, fornito ai “camponeses” che coltivano le “machambas” (terreni 80m x 80m) di Mafuiane, per formarsi sia sulle tecniche agrarie, sia sulle basi della scienza dell’alimentazione come sulle tecniche di conservazione e trasformazione delle derrate agricole.

Oggi il tema della lezione è la semina in serra e si tiene presso il terreno denominato la “Quinta” la cui gestione è condivisa tra l’associazione dei Regantes, ossia i beneficiari del corso previsto dal progetto agricolo, la missione São Frumenzio e Auci.

Il punto di ritrovo è la casa agraria, presente al suo interno, dove si conservano i prodotti e i materiali.

Oggi a tenere la lezione, in Changana (la lingua locale) perché tra i presenti non tutti parlano Portoghese, è Azarias, giovane agronomo, ma in supervisione sono presenti anche l’ingegnere Pelembe e il presidente dell’associazione.

Nonostante la giovane età Azarias si presenta esperto e appassionato e riesce fin da subito a mantenere il gruppo attento e coeso. Dopo una breve spiegazione teorica sui vantaggi del procedimento da adottare, senza paura di sporcarsi le mani, procede a una dimostrazione pratica, chiara e lineare:

A una base di terra si aggiungono un sacco di guscio di cocco macinato e setacciato, una carriola di composto organico, della sabbia e una manciata di composto minerale (proporzioni: ¼ q.b. q.b.). Si impasta il tutto con dell’acqua e si riempono i pozzetti con il composto ben mescolato, ma senza compattarlo per non sforzare il germoglio. In seguito si opera un foro al centro di ogni pozzetto e si pone un seme per ogni foro. Infine si ricoprono i semi con un leggero strato di composto e si spostano i pozzetti pronti in serra, attivando l’irrigazione.

Stavolta sono le 12.30, dalla cucina arriva un buon profumino. Oggi dona Inés ha preparato il caril de galinha. In una padella si fanno dorare le cosce e le sovraccosce su tutti i lati. In un’altra si fa soffriggere cipolla e aglio, si aggiungono due cucchiai di curry e un pizzico di peperoncino, si sfuma con del brodo, poi si aggiunge mezzo bicchiere di salsa di pomodoro. Si unisce la gallina appena dorata alla salsa e poco alla volta si aggrega il latte di cocco, quanto basta. Si mescola e si lascia cuocere per mezz’oretta. Si serve con riso basmati aromatizzato con anice stellato e chiodi di garofano. Bom apetite.

di Andrea Scimone Carbone
Casco Bianco a Mafuiane, Mozambico